Su richiesta del direttore di ODIOPICCOLO scrivo questi pensieri in merito alla mia esperienza romana.
Da Brescia a Roma
Da diversi anni lavoro con spettacoli e concerti. A Brescia ho esordito come rapper adolescente alla Festa Di Radio Onda D’Urto del 1993. Ho condotto amatorialmente alcuni programmi radiofonici su Onda D’Urto e Popolare. Ho studiato musica con una certa continuità. Ho suonato rock’n’roll, animato serate in osterie, feste private e locali suonando il pianoforte e la fisarmonica, ho collaborato con diversi musicisti. Per sei anni mi sono mantenuto lavorando come Dj e presentatore in un locale di strip-tease di Palazzolo.
Nel 2008 cominciai a lavorare con un repertorio di scenette e canzoni italiane degli anni trenta e quaranta con il duo “Mirko e Malò”, in coppia con la mia ragazza di allora, e fu questo il principio del percorso che mi condusse a Roma.
Dopo una stagione passata a Brescia con molti ingaggi in locali e ristoranti, mi diedi da fare per trovare serate anche fuori città. Organizzai quindi un mini tour in Costa Smeralda, approdammo in Toscana, tentammo infine di farci conoscere nella Capitale. Non avendo contatti entravamo nei locali in costume e con la fisarmonica alla mano chiedendo di poterci esibire per una sorta di provino estemporaneo. Entrammo così in rapporti con diverse realtà con cui tutt’ora collaboro.
L’incontro più determinante fù quello con il Micca Club, un importante locale votato al vintage che proprio quell’anno esordiva con il Velvet Cabaret, uno spettacolo di Varietà Burlesque ispirato al Vaudeville, all’Avanspettacolo e alla musica retrò. Avevamo esattamente la stessa linea e ci trovammo reciprocamente.
La collaborazione si limitò per i primi due anni a qualche ospitata, dopodiché decisi con la mia compagna che era arrivato il momento di mettersi in gioco al cento per cento e di provare a vedere cosa poteva succedere vivendo a Roma. Caso vuole che il giorno stesso in cui mi trasferii il Corriere Della Sera facesse un grande articolo su di me in merito ad un disco inedito di Umberto Bossi di cui ero casualmente in possesso e con cui da tempo cercavo un colpo mediatico e che il giorno successivo Simone Cristicchi ingaggiasse Mirko e Malò come ospiti fissi nella sua trasmissione su Radio2. Erano segni che mi dicevano che ero sulla strada giusta. Accadde poi però nel giro di pochissimo tempo, come nelle mie peggiori ma realistiche previsioni, che la mia compagna e partner artistica mi lasciò.
Mi trovavo a quel punto a Roma senza l’appoggio della mia fidanzata e senza più il progetto per cui mi ero trasferito. Per me Mirko e Malò era un circo a conduzione familiare e ne curavo pressoché ogni aspetto nell’ottica di una crescita della coppia e della mia partner, tanto che a livello di costumi e di centralità performativa spesso mi tiravo indietro in modo da non sovrastare.
Fatto sta che di punto in bianco mi ritrovai senza più nulla. Da lì ricominciai e mi reinventai come Sior Mirkaccio, spingendomi al massimo delle mie possibilità performative e della caratterizzazione del personaggio.
Il nome d’arte era necessario perché mentre “Mirko e Malò” era in sé evocativo, “Mirko” da solo non mi pareva funzionasse. “Sior” da tempo lo utilizzavo come nickname online, mentre “Mirkaccio” è il nome con cui venivo chiamato da un caro amico della Maremma, padrino di questa avventura. Dalla collaborazione con alcuni performer londinesi in uno spettacolo al Teatro Palladium di Roma trovai lo stimolo per migliorare il mio personaggio. Cominciai quindi a truccarmi con il bianco, a farmi gli occhi con la matita e le guance rosse. Dopo poco decisi che era il momento per farmi crescere dei baffi enormi e da lì in poi il mio character non ha più smesso di evolversi e modificarsi.
Ricominciava la stagione del Micca Club, urgevano nuove idee. Mi inventai l’act “Il Forzuto”, scrissi dei brani originali in stile comico-macchiettistico e così mi presentai rinnovato e indipendente.
Il locale mi dava spazio e fiducia, altre realtà si interessavano a me. Le serate erano parecchie e pian piano diventavo un personaggio conosciuto nello spettacolo romano.
Sono trascorsi tre anni dal mio trasferimento. Ho totalizzato quasi quattrocento ingaggi, tra locali, festival, teatri e feste private. Ho lavorato con artisti famosi e in contesti importanti, talvolta vengo coinvolto in serate fetish e sono stato addirittura chiamato a tenere dei workshop di sessualità creativa. Pare che la mia proposta si adatti ad una quantità inimmaginabile di situazioni. Soprattutto lavoro con gli spettacoli di Varietà. Per il terzo anno conduco al Micca il mio show “ELiSiR”, in programma da questa stagione tutti i sabato sera con un pubblico di oltre cinquecento persone. Qui canto e suono le mie canzoni e brani del repertorio dei Caffè Concerto e dei Tabarin degli anni ’10 e ’20, accompagno bravissime musiciste, cantanti, performer Burlesque e ballerine con cui riesco a portare un intrattenimento piacevole, divertente e per certi versi colto. A fine serata faccio anche il Dj, selezionando musica con i miei vinili 45giri.
In questi giorni inizierò le prime registrazioni per un album di quindici brani originali da me scritti e interpretati che intitolerò “Viva il Varietà” e che rappresenta il mio esordio discografico, alla buon ora.
Devo dire quindi che la mia decisione di trasferirmi a Roma si è dimostrata lungimirante e che l’esperienza non ha tradito le aspettative. Mi pare di aver appena cominciato a vivere.
Eppure a Brescia sono sempre stato bene. Lì ho i miei amici di sempre, la mia famiglia, la mia casa. Non mi sono mai lamentato, non sono mai stato quello insoddisfatto che bramava la fuga. Ho sempre fatto spettacoli e portato a casa le mie soddisfazioni. Forse proprio per questo non ho fatto alcuna fatica ad ambientarmi qui, proprio perché sapevo che se non mi fossi trovato bene sarei sempre potuto tornare indietro.
Vita romana
A parte il lavoro, che pur rappresenta il centro della mia motivazione, la vita che conduco a Roma è brillante. Ogni sera ho la possibilità di scegliere tra una quantità indefinita di cosa da fare. Frequento piccoli teatri dove mi godo spettacoli di commedia, locali di ogni tipo, concerti di jazz tradizionale e di rock’n’roll, ristoranti dove posso mangiare filetto e spaghetti fino alle sei del mattino. Per esempio mentre sto scrivendo è lunedì e verso mezzanotte andrò a vedere uno spettacolo di Burlesque nell’interrato di un ostello che ha vinto quest’anno il premio come miglior ostello in Europa. Via da lì probabilmente andrò a bermi un cocktail in uno speakeasy, un locale ispirato al Proibizionismo dove si entra solo con la parola d’ordine e che è considerato tra i dieci migliori cocktail bar d’Europa. Forse farò altro, dipende da quello che succede. Infatti spesso capita che ci si trovi in macchina con gente che a sua volta si è appena conosciuta in un locale e che si vada a finire in qualche posto sotterraneo nel centro di Roma, o in una casa privata piena di affreschi, o in un night di Via Veneto tra prostitute e piano-bar.
Casa mia sta al Pigneto, un quartiere dove a dispetto del nome ci sono ben pochi pini. Qui una volta c’erano le baraccopoli, era la periferia. Di fatto dista tre chilometri da Piazza San Giovanni e dalla Stazione Termini. Fu’ la location di molti film di Pasolini e ora si è trasformato in uno dei quartieri più frequentati della vita notturna romana, popolato di artisti e artistoidi come me. A fianco del mio appartamento abita uno scrittore, sopra una band rock al femminile, davanti una manager teatrale e un trombettista jazz. Solo oltre al mio balcone abita una donna delle pulizie e infatti le hanno dato lo sfratto. È il regno del vacuo e della vanagloria!
Sotto casa mia passano pochissime macchine e la vita del quartiere, come in tutti i quartieri della città, consente di avere ogni servizio a disposizione: il mercato ogni mattina, il falegname, l’elettricista, il vetraio, la profumeria, il supermercato, il carrozziere, una miriade di negozi di indiani dove comprare il latte o il dentifricio a qualsiasi ora, oltre che a un centinaio tra locali, circoli, bar e ristoranti, tutto muovendosi a piedi in un raggio di due chilometri. Prima abitavo poco lontano da qui, a San Lorenzo, noto quartiere di sinistra, sede di Radio Onda Rossa, popolato di studenti fricchetoni, dove solo i circoli ARCI si contano in circa centocinquanta.
Ho fatto molte amicizie e ho un mio entourage. Si organizzano uscite e cene, ci si incontra nei locali, si frequentano con più regolarità specialmente le persone che abitano più vicino, dato che le distanze qui rappresentano un vero ostacolo. Il morettiano “vedo gente, faccio cose” qui ha un senso, è infatti normale uscire senza appuntamenti e trovare gente nei luoghi dove si decide di andare. Se sono locali già frequentati si sa chi ci si trova, se sono posti nuovi è divertente vedere cosa succede.
Il modo di relazionarsi in società è molto differente rispetto al nostro e tende ad essere più aperto.
Per esempio fuori dai locali noi normalmente ci chiudiamo a capannello, qui invece si tende a stare frontali. I dialoghi sono sempre aperti a tutti, è consuetudine che ci si infili in conversazioni altrui e che in un attimo si creino relazioni.
Questo forse è dato dal fatto che a Brescia gli stessi locali raccolgono realtà diversissime. Gente che segue indie, hip hop, rock, blues, jazz o vintage frequenta gli stessi posti e ciclicamente viene soddisfatta con una serata a tema. Coesistono il fighetto e il compagno, l’intellettuale e il boro, il capellone e quello con la visiera dritta, e il crearsi dei capannelli rappresenta la salvezza della propria identità. A Roma i capannelli sono rappresentati dai quartieri, dai locali e dalle nicchie che raccolgono, ma all’interno di questi è come se si fosse tutti uno stesso gruppo.
I rapporti tra uomini e donne sono pure molto più facili e disinvolti. Qui d’altronde non trovi la ragazza che era concupita da tutti già alle scuole medie o quella che è già stata la morosa di altri quattro tuoi amici. Ogni sera puoi incontrare una persona che si è appena trasferita o che sta qui per una settimana o per sei mesi, creando continue possibilità di incontri e di sorprese.
La quantità enorme di persone che qui vivono o passano da la possibilità di reinventarsi continuamente.
Tanto che è più facile trovare mitomani o bidoni, proprio perché la gente è meno responsabilizzata del proprio vissuto. Altrettanto si possono avere continuamente stimoli, dato che ogni giornata può avere diversi protagonisti. Ovviamente questo vale in particolare per me che conduco una vita prevalentemente notturna e non in linea con i tempi e i luoghi del lavoro ordinario; sono inoltre curioso e vitale e ciò mi porta con facilità a lasciarmi solleticare dalla varietà umana che mi circonda, senza ricavarne ansia o insofferenza.
Nonostante tutto certi romani si lamentano. Accusano la città di essere disorganizzata, clientelare, decadente. Alcuni addirittura invidiano Milano!
Certo è che per alcuni versi molto è lasciato all’improvvisazione e i tempi del lavoro sono più dilatati dei nostri. Questa è l’altra faccia di una simpatica medaglia. È pure vero che si tende a far lavorare e a favorire gli amici; garantisco però che avere a disposizione un bacino tanto enorme di persone equivale a sentirsi persi e talvolta si è costretti a ricorrere più facilmente ai pochi con cui si è in diretto contatto; questa poi è una jungla metropolitana e per generosità ci si tende ad aiutare.
Per quanto invece alla decadenza o al senso di crisi qui non si ha idea di cosa significhi. Essendo un’economia basata sul terziario e sul pubblico, piuttosto che sulla piccola e media impresa, la crisi è largamente meno evidente che a Brescia. I ristoranti sono strapieni, tutti mangiano pizzette e fritti per strada, le strade sono popolate ad ogni ora.
Io rappresento la buona novella. Ho raggiunto diversi obiettivi partendo senza alcuna conoscenza e senza raccomandazioni, ho trovato molte competenze e sto vivendo una continua crescita.
Aggiungo che è un tonico per la mia ispirazione vivere in continuo contatto con la storia, con i monumenti e con la bellezza. Per non parlare del clima delizioso. Qui anche quando piove è più bello che da noi. Dopo la pioggia il cielo si apre e diventa azzurro. Le nuvole hanno una forma e non sono una foschia indefinita.
Appena fuori dalla città non si vedono né capannoni, né fabbriche e subito si trova il nulla e l’aria tersa della campagna e della collina. Bastano dieci minuti in bicicletta per trovarmi nei campi della Cassia Antica in mezzo a reperti di duemila anni fa, e tutto ciò rende questa città così godibile che la chimera milanese pare giusto una raffigurazione radical chic dell’erba del vicino.
Anche perché tutti sanno che la cosa più bella di Milano è il treno per Roma! …e anche quello per Brescia! …per quel che mi riguarda anche quello per Varese, per Bra, per Sondrio, per Rovato, per Lecco, etc.
Morale finale
Sono ancora convinto che anche in una piccola realtà si possano fare grandi cose e questa esperienza mi ha insegnato che coloro che arrivano da Brescia o da altre cittadine hanno molto da dare, in conseguenza della responsabilizzazione data dai rapporti molto stretti, della scarsità degli intrattenimenti e dalla necessità di crearseli, della costrizione a frequentare persone di ogni tipo ed interesse e non solo nicchie di propri simili.
Certo è che Roma con i suoi pregi e difetti è una vera città e Brescia in confronto pare Orzinuovi. Oggi poi purtroppo l’inquinamento devastante delle nostre zone non è più ripagato neanche da una florida economia e un giorno mi sono chiesto chi me lo facesse fare.
Comunque non consiglio a nessuno di lasciare la propria terra perché è bene avere senso di appartenenza e dare ad essa il proprio apporto. Da parte mia non sono nato a Brescia e le mie origini sono talmente sparse che questo ragionamento lo faccio rispetto all’Italia.
That’s All Folks!
Spero che il mio contributo sia stato di vostro gradimento e che vi abbia invogliato a venire a godervi qualche giornata di piaceri effimeri all’ombra dei sette colli! Vi aspetto!!!
E ricordate… anche io ODIOPICCOLO!
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