Sarà la pioggia, quella estiva che alza l’afa e non è che bagni, piuttosto lava via calda qualcosa con gocce giganti. Pesanti. Non rinfresca mai la pioggia, quella estiva. Lo credi perché lo vorresti, ma non lo fa.
Complica un po’ tutto.
Sfalda la roba secca e non è bello.
Sarà la pioggia estiva, dicevamo. Io sono qui sul mio divano che fumo l’ennesima e che per un pelo, in bicicletta, questo acquazzone non me lo son preso tutta addosso.
Forse Davide, invece sì. Che mi ha scortata fino a casa, pedalando, perché parliamo bene io e lui e ci urliamo un po’ cosa dovremmo fare delle nostre vite bresciane, perché, in realtà ce lo urliamo a noi stessi, cosa dovremmo fare. Essere contenti, urliamo. Provarci fino in fondo, urliamo. Mollare il colpo, urliamo. Capire le cose. Farci capire. Parlare, schietti. Mi passa qualcosa per la testa? Io te lo dico, faccio prima. Se capissi le tattiche, allenerei una squadra di pulcini di qualcosa. Ma le tattiche non le capisco, i silenzi tanto meno. Gli allontanamenti, solo per la convalescenza, per rafforzare gli anticorpi, sì. Altrimenti no, io resto dove mi si può vedere.
E non sono facile da nascondere, credetemi.
Resto dove mi puoi chiedere le cose. Resto dove ti posso chiedere:” Come stai?” – frase macigno per eccellenza, anche quando devi spiegare o motivare che te stai proprio bene.
No, le tattiche no, non siamo capaci.
Quelli che pedalano senza paura rischiando di prendersi addosso i caldi e rumorosi temporali estivi, non sono capaci di tattiche. Altrimenti avrebbero guardato il meteo, sarebbero usciti in macchina, con un ombrello, o sarebbero tornati molto prima. Poveri o che stupidi, avrà pensato qualcuno dalle sue finestre aperte mentre ci sentiva discutere.
È un po’ cosi, sarà la pioggia estiva.
Allora torno e penso che ho rischiato di bagnarmi anche stavolta. E che non succede niente, poi, se prendo l’acqua. Ma sono rimasta dove mi si può vedere, se magari un po’ ti affacci anche tu da quella tua cavolo di finestra.
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