Scoprii il Brescia Calcio nel gennaio 1985, coppa Italia di serie C.
Un surreale turno infrasettimanale pomeridiano al Rigamonti, dove non ero mai entrato prima.
Avevo poco più di nove anni: mio cugino Riccardo, tifoso del Brescia forse già dalla culla, mi ci portò con la filovia C.
Era un derby un po’ teso nonostante gli spettatori fossero un centinaio di bighelloni come noi – squadra avversaria, l’Ospitaletto di Gino Corioni.
Finì tra l’altro 1-2 per gli arancioni, ma inspiegabilmente uscii dalla gradinata con una sensazione nuova.
Mi ero innamorato di quella squadra. Ero stato battezzato con una sconfitta un po’ assurda e bruciante.
Giusto per abituarsi subito.

Una formazione dell’Ospitaletto negli anni di Corioni.
In piedi da sin: Bodini,Guerra,De Marchi,Viviani,DiSarno,Gambino. Accosciati: Mazzucchelli,Borra,Cusin,Monza,Gilardi.
Il Brescia, forte di un gruppo compatto e molto ben guidato da mister Toni Pasinato, conquistò la promozione in serie B.
Vidi poche partite nei mesi seguenti, perché mia madre mi autorizzò molto raramente a recarmi a Mompiano. La mia è una famiglia di baskettari, da sempre coinvolta ed entusiasta per il Basket Brescia, e questa dicotomia (presso alcuni, ahimè, ancora in voga) la rese un po’ ostile alla faccenda.
Nel campionato successivo però entrò in scena Gino.
Secondo marito della pia nonna, uscita da una più trentennale vedovanza, era campione di ballo liscio, imbianchino fai-da-te, grande fan del clinto, originario del Carmen, con un nebuloso passato da terzino nelle giovanili dell’Atalanta, forte bestemmiatore ma prontissimo alla commozione quando la nonna leggeva le sue debordanti poesie dalla metrica psichedelica in occasione di pasque, natali e compleanni, provvisto di una Alfasud Alfasprint rombantissima e dalla frizione liquefatta (pare che non abbia mai ingranato una marcia superiore alla terza, peraltro), sempre odorante di brillantina Linetti.
D’estate spadroneggiava al bar all’angolo con canotta azzurra a costine, pantaloncini da tennis con tasche a vita altissima, mocassini con calzini in tinta, incoerente crocifisso d’oro, occhialone da vista Wayfarer prima che fosse una moda hispter, cappello di paglia e stecchino perenne in bocca.
In un tripudio di sensi vietati, parcheggi obliqui e sfollate, Gino mi portò a vedere quasi tutte le partite del campionato di serie B 85/86.
Prima della gara era obbligatoria la tappa al bar in piazzale Kossuth, dove scattava il ritrovo con amici degni di lui. In un tripudio di ragionamenti tattici a 100000 decibel e di bianchini, restavo estasiato a osservare quei rudi maschi di una volta scaraventare untissime carte bresciane sui tavoli in fòrmica.
Una specialità di Gino era la decodifica campanilistica delle targhe: “MN? Merde nostrane! CR? Cacca rammollita!”
Poi rideva tutto soddisfatto. E io pure, ovviamente,
In curva sud, allora postazione fissa per la combriccola dei “veci”, ho assistito a partite indimenticabili.
Potrei citare molti fatti sportivi, ma mi limito alla tripletta rifilata all’Empoli, la sfida al vertice con l’Ascoli, il gol di Titti Ascagni al Bologna, le smargiassate di Aliboni, la partita persa con il Catanzaro orfano da anni di Massimo Palanca in un Rigamonti siberiano, le galoppate di Mossini, la classe di Zoratto, la maestosità di Chiodini.
La promozione in serie A fu uno dei momenti di gioia più vera, intensa e totalizzante della mia vita; dovrei essere l’Umberto Saba di “Squadra paesana” per saperla raccontare in modo degno.
Gino dopo qualche anno è entrato, come capiterà a tutti noi, nel declino psicofisico, ma ha chiuso la sua storia d’amore col Brescia in un modo tra l’irresponsabile, il romantico e l’eroico.
Evidentemente in un forte stato di sofferenza fisica, in un rigidissimo pomeriggio invernale comunicò a tutti che sarebbe andato a vedere il derby con l’Atalanta.
Noncurante delle proteste dei presenti, infilò cappotto, sciarpa e cappello e salì sulla sua Panda Young, auto dal nome perlomeno ironico che aveva rimpiazzato l’ormai troppo aggressiva Alfasprint.
Andò allo stadio e tornò pure a casa, anche se non molto in arnese, ma vincitore.
Si scoprì il giorno dopo che belle ore del derby aveva un ictus in corso.
Poi il declino.
Ah, il derby quel giorno si giocava al Comunale di Bergamo, non a Brescia.
Alcune partite della stagione 1985/1986
Brescia – Cagliari 3-1 (Zoratto. Piovani, Zoratto, Casale)
Brescia – Campobasso 1-1 (Brescia già promosso e Campobasso già salvo, la festa promozione al Rigamonti)
Inter – Brescia 3-1 (Coppa Italia)
In assoluto il miglior racconto sulle stagioni del Brescia. Mi sono addirittura commosso. Ciao Gino
Quel tuo cugino Riccardo mi pare di conoscerlo… Bellissimo racconto gianmarco. Comunque in curva sud quell’anno ci sono stato diverse volte anche io. Mi ci portava mio nonno, non con l’alfasud ma col vespino…
Andai con Gino a BG nell’inverno 86. Viaggio col pulmino dei Brescia clubs, una volta dentro invece, ovviamente, su in mezzo agli Ultras Brescia. Cocente la sua delusione, ancora in fase di partenza dei torpedoni in p.zza Tebaldo Brusato, una volta realizzato che ”abbiamo lo sponsor Wuhrer ma chè ghe gnènt de beèr …”